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Città di Castello – Collezione Burri di Palazzo Albizzini ed Ex Seccatoi del Tabacco

Catrami, Muffe, Gobbi, Sacchi, Legni, Ferri, Combustioni, Cretti e Cellotexmuseo-burri

Queste sono le opere di Alberto Burri esposte all’interno di Palazzo Albizzini di Città di Castello, circa 130 pezzi oltre ai bozzetti per scenografie ed alcuni esempi della produzione grafica, comprese in un arco temporale che va dal 1948 al 1989.
Insieme all’altra sede presso gli Ex Seccatoi del Tabacco, che ospita 128 opere dal 1970 al 1983, è la raccolta più esaustiva dell’artista, con opere di altissima qualità selezionate dallo stesso pittore.
La Fondazione Palazzo Albizzini “Collezione Burri”, proprietaria e custode di entrambe le raccolte, nacque nel 1978 per volontà dello stesso Alberto Burri, che la dotò inizialmente di 32 opere.
Grande esponente dell’arte informale di stampo “materico”, questo artista di fama internazionale inizia la sua carriera nel 1948 e sarà attivo fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1995 ad 80 anni.
La Fondazione organizza periodicamente conferenze di arte antica, moderna e contemporanea, convegni di aggiornamento sull’arte contemporanea in collaborazione con autorevoli istituzioni parallele, nazionali ed internazionali, collabora direttamente e indirettamente alla pubblicazione di cataloghi di mostre delle opere dell’artista, cura la pubblicazione dei cataloghi e dei dépliant della Collezione. Ha redatto il volume “Burri – Contributi al Catalogo Sistematico” (1990).
Il Palazzo Albizzini risale alla seconda metà del XV secolo, ha una superficie totale di 1660 mq. ripartita in tre piani ed ha un’impronta che rimanda alla sobria architettura rinascimentale di ascendenza fiorentina. L’edificio, acquisito dalla Cassa di Risparmio di Città di Castello che ne ha promosso il restauro, iniziato nel 1979 e terminato nel 1981, è stato poi consegnato in comodato gratuito novantanovennale alla Fondazione.
Nell’intervento di restauro del monumento, già in condizioni di avanzato degrado estetico e statico, sono stati adottati, dagli architetti progettisti Alberto Zanmatti e Tiziano Sarteanesi, accorgimenti che ne hanno consentito il recupero spaziale, senza l’introduzione di elementi che avrebbero potuto compromettere i delicati equilibri espositivi.